LIBRI DI CINEMA – Recensione di Carlo Valeri: “Lo sguardo e l’evento” di Marco Dinoi

Come riuscire a rapportare il cinema e le sue immagini con le pratiche riproduttive dei dispositivi massmediologici e fruitivi del mondo contemporaneo? E’ possibile resistere con un cinema autoriale esterno all’incessante propagazione della virtualità sempre più imperante? E dov’è il mondo in tutto questo? Nelle immagini riflesse o nei processi teorici e realizzativi sottesi a esse? Sono alcune delle domande che Marco Dinoi (1972-2008) si pone nel suo complesso, illuminante e (purtroppo) postumo libro, diviso in quattro parti, ognuna delle quali a sua volta contenente diversi paragrafi. Docente universitario, saggista, regista di cortometraggi e documentari, Dinoi riflette, con perizia filologica impressionante, sulla rappresentazione del mondo da parte dei media e sulle dinamiche concettuali, culturali e sociali che tali riproduzioni mettono in atto nell’immaginario collettivo e nel rapporto tra noi spettatori e il visibile.

La sua analisi prende così in esame testi filmici anche molto diversi tra loro, dalle manipolazioni estetiche di Orson Welles, al documentarismo rarefatto di Werner Herzog, dalle sperimentazioni cromatiche di Kitano ed Ejzenstejin, all’acuta riflessione su un film precognitivo qual è il Fight Club di David Fincher (del quale mette in relazione molto acutamente la schizofrenia del protagonista con la creazione di un Doppio che è sì liberazione pulsionale dell’Io, ma anche e soprattutto creazione di un mondo fittizio e fantasioso che a sua volta si fa esso stesso autonomo).

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