Parlare dell’opera di Marco Dinoi – scomparso poco più di una anno fa – non è soltanto un modo per ricordare una persona che molto ha dato alla teoria e alla pratica cinematografica, ma pure l’occasione, grossa, per parlare di questi ultimi anni di guerre vere e virtuali, sotto il profilo mediatico e non solo.
Per quanto concerne la parte teorica l’ultimo saggio di Dinoi, Lo sguardo e l’evento (edito nel 2008) rappresenta davvero un faro, offrendoci un ricco scandaglio delle tematiche attinenti all’interazione tra fatti di portata planetaria e relativo trattamento sul piano della comunicazione audiovisiva, trasvolando tra i media, la memoria, il cinema.
Parafrasando le righe introduttive dell’opera, dal “sembra vero” dell’anteprima di tutte le prime, la proiezione dei fratelli Lumiére del 1985, al “sembra un film” dell’attacco alle due torri, lo scarto cognitivo tra reale e immaginario sembra essere stato riformulato dall’attuale uso dei media, e non certo sulla via della piena comprensione. È proprio la ripetizione continua dell’impatto delle Twin Towers – priva di un’etica e di una dialettica del racconto – ad alimentare questa carenza sul piano cognitivo, e la produzione di quello che Dinoi chiama un “calco dell’evento”. L’esame parte dal pensiero di Jean Baudrillard, Serge Daney, Francis Fukuyama, Paul Virilio; vale a dire da tutti coloro che hanno riflettuto sul ruolo e l’uso dei media di massa nella nostra società, sul tipo di relazione scaturente dalla sovrapposizione tra immagini e reale. Un reale fagocitato dall’immagine, un futuro ri-mediato ad arte, un continuo attentato al senso: ecco la cifra prevalente della produzione giornalistica contemporanea e di certa fiction (intesa in senso lato), ecco l’attacco alla visione di un audience che si vuole imbrigliato, addomesticato.
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