«Lo sguardo e l’evento. I media, la memoria, il cinema». Recensione di Simone Ghelli

Ci sono libri di cui vale la pena parlare, e altri di cui se ne farebbe volentieri a meno. Poi ci sono i libri di cui è necessario parlare. Sono quelli che aprono nuovi territori – vuoi per la novità delle tematiche trattate, vuoi per l’originalità dell’approccio proposto – e che invitano pertanto alla riflessione.
Lo sguardo e l’evento. I media, la memoria, il cinema di Marco Dinoi fa parte, per varie ragioni, di questa terza categoria.

Innanzitutto perché è un vero e proprio libro di teoria del cinema, di quelli che raramente si ha il dono d’incontrare, ma di una specie un po’ particolare, poiché non cerca di fondare un nuovo paradigma entro il quale rinchiudere l’oggetto del proprio studio. Le teorie sono già là, a portata di mano, a condizione di avere il coraggio e la volontà di farle proprie, di attuare uno sconfinamento di campo che ci sottragga dall’ingrato compito di difendere i propri ambiti disciplinari. Ci vuole soprattutto la voglia di ripartire dal cinema e dalla realtà, dalle prime e necessarie domande che la teoria non deve mai smettere di porsi, per poi arrivare alla domanda più attuale e necessaria: che ne è della realtà quando essa viene percepita sempre più spesso attraverso il filtro dell’immagine mediatica?

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